Il primo marzo si è celebrata la giornata internazionale contro le discriminazioni. Una ricorrenza per sensibilizzare tutti al rispetto delle persone, anche nella diversità. Perché, come sancito all’articolo 3 della nostra Costituzione, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Anche se poi, analizzando ad esempio il mondo del lavoro, ancora oggi milioni di persone subiscono continue discriminazioni. Un preoccupante fenomeno che viola i diritti fondamentali e ha conseguenze rilevanti dal punto di vista economico e sociale. Le discriminazioni infatti soffocano opportunità, sprecano il talento necessario per il progresso economico accentuando le tensioni sociali e le disuguaglianze.
Gli esempi negativi, anche in Italia, non mancano. Approfondite ricerche hanno evidenziato che “esiste forte evidenza di discriminazione contro i gay durante il processo di assunzione”. I risultati relativi al nostro Paese vanno inseriti in un contesto particolarmente ostile verso questo gruppo di persone: lo hanno evidenziato studi accademici come lo European Social Survey.
Che i nostri connazionali siano fra i popoli meno tolleranti lo confermano anche altre analisi, secondo cui un italiano su quattro dice che non accetterebbe un ebreo come membro della propria famiglia: il risultato più elevato fra le nazioni analizzate. Quella contro gli omosessuali è solo uno dei tanti tipi di discriminazione: nello stesso studio viene evidenziato che le donne fisicamente attraenti risultano essere favorite nel processo di assunzione, mentre “non risultano differenze significative” per gli uomini. Il tutto a parità di altre caratteristiche come percorso di studi, esperienza e così via.
Qualcosa di simile vale anche in altri casi come per le persone obese o verso specifiche minoranze religiose. Ritornando alla figura della donna, celebrata proprio l’8 Marzo, è evidente come ancora oggi manchino donne in posizioni di leadership: nemmeno nei ricchi Paesi occidentali la rappresentanza femminile ai vertici delle istituzioni e nelle aziende raggiunge lontanamente la parità. E benché le donne siano una forza determinante nel lavoro agricolo, pochi proprietari terrieri sono di genere femminile.
Certo, facendo un’analisi più ampia si nota come rispetto a quindici anni fa ci siano per esempio molte più ragazze nelle classi, e in gran parte del mondo le bambine hanno conquistato la parità di genere almeno nell’istruzione primaria. C’è ancora però tanto da fare: in molti Paesi in via di sviluppo, con il passare degli anni le prospettive delle ragazze si restringono, mentre i loro coetanei maschi si realizzano negli studi.
Milioni di bambine e ragazze sono costrette a unioni precoci che mettono bruscamente fine alla loro infanzia, al loro percorso scolastico e ai loro sogni per il futuro. Le giovani date in sposa prima dei diciotto anni finiscono spesso vittime di violenze e diventano madri troppo presto, mettendo a rischio la loro salute e quella dei loro bambini. In questa situazione, senza un’istruzione e un lavoro, rimangono spesso in una condizione di povertà dalla quale faticano a risollevarsi.
Come abbiamo visto, per un mondo di pari opportunità c’è ancora tanta strada da percorrere ed è compito di ognuno di noi fare qualcosa, magari a partire da come parliamo e ci rapportiamo con i figli. Perché, lo svela la scienza, i bambini iniziano ad assorbire gli stereotipi già dall’età di tre anni. Una piccola lezione che può fare una grande differenza.
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