Molto spesso si tende ad attribuire il tema “batterie” al settore ingegneristico. Una prova è quella che, nonostante venga sostenuta l’importanza della multidisciplinarietà, talvolta ci viene richiesto di inquadrare la nostra ricerca in settori stabiliti dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC), e i sistemi energetici sono collocati in un settore prettamente ingegneristico.
Tuttavia, nella ricerca sui sistemi di accumulo elettrochimico anche il contributo di discipline come chimica, fisica, modellistica e perfino le scienze sociali è di fondamentale importanza. Essendo io una chimica vorrei considerare proprio il contributo chimico in questo numero de “La Chimica e l’Industria”.
Partiamo con un articolo dell’Università di Roma “La Sapienza” per ricordare l’immenso lavoro di un chimico, il prof. Bruno Scrosati, nel campo delle batterie. A novembre, Bruno Scrosati ci ha lasciato, ma sicuramente in tutti quelli che lavorano in ambito energetico, e non solo, qualcosa è rimasto dei suoi insegnamenti, del suo entusiasmo, del suo senso dell’umorismo e della sua umanità. Il contributo a firma dei suoi più diretti collaboratori, oltre al grande affetto nei suoi confronti, ci fa capire quanto sia stata fondamentale la sua attività scientifica e quanto, attraverso di lui, la ricerca italiana sulle batterie sia stata, e sia tuttora, apprezzata in tutto il mondo.
Proseguendo, parleremo di materiali e materie prime. La Commissione Europea ha individuato 15 tecnologie strategiche alle transizioni verde e digitale e tre di queste sono di natura elettrochimica: batterie Li-ione, celle a combustibile ed elettrolizzatori.
Nell’articolo di Alberto Zanelli sono descritte le misure messe in atto dalla Commissione Europea per far fronte alla richiesta crescente di materiali critici, quali litio e grafite per le batterie, ma anche cobalto, platino ed altri metalli nobili per celle a combustibile ed elettrolizzatori.
I gruppi di ricerca italiani che lavorano nell’ambito della transizione energetica sono tanti, ma anche le aziende italiane coinvolte sono numerose. FAAM si distingue dalle altre industrie europee non solo per l’uso di litio ferro fosfato come materiale catodico, ma anche per impiegare acqua come solvente per preparare gli elettrodi, ponendo una grande attenzione sulla sostenibilità ambientale. MIDAC invece si inserisce nel contesto della transizione energetica per aver posto l’attenzione al riciclo delle batterie, altro aspetto di grande importanza se si vogliono preservare e rimettere in circolo le materie prime. Se i moduli delle batterie disassemblate risulteranno idonei per una “seconda vita”, verranno utilizzati in applicazioni a bassa intensità, quali l’accumulo dell’energia da fonti rinnovabili, altrimenti verranno avviati al riciclo dei materiali.
Anche Ferruccio Trifirò, nel suo ‘Focus’, ci aggiorna sul progetto di SERI Industrial ed Eni di aprire un nuovo stabilimento a Brindisi per la produzione di batterie. Come si può vedere fin qui, i materiali e la chimica giocano un ruolo fondamentale: nonostante la preoccupazione (legittima) sollevata da Claudio Della Volpe nella sua rubrica, la sua frase conclusiva è, secondo me, emblematica: “Mai come in questo momento il futuro è chimica”.
di Catia Arbizzani
Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician”
Università di Bologna.
per LA CHIMICA E L’INDUSTRIA online
| ANNO IX | N° 1 | GENNAIO/FEBBRAIO 2025.
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