La partecipazione alla prima giornata del XX Congresso della Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici a Paestum la scorsa settimana, dove ho portato i saluti, ed il contributo della Società Chimica Italiana alla tavola rotonda “Formazione universitaria e professione: lauree abilitanti e specializzazioni”, è stata una preziosa occasione di riflessione. Una riflessione che nasce da tanti spunti emersi nella discussione e negli interventi. Provo a riassumerne alcuni:

-Le parole della Presidente Nausicaa Orlandi sul ruolo dei chimici e dei fisici nelle professioni sanitarie: professionalità a difesa e controllo della qualità del lavoro, del rischio, della sicurezza, dell’ambiente, dell’alimentazione; in sintesi, a salvaguardia della qualità della vita e della salute in ottica one health.
-La discussione sulla organizzazione delle lauree abilitanti, che rappresentano un’occasione per colmare il divario tra la formazione universitaria, in Italia eccellente ma sovente avulsa dal contesto lavorativo, e le reali competenze del chimico e del fisico professionista.
-La presa d’atto generale della necessità di percorsi formativi che saldino i fondamenti teorici della nostra scienza con l’impatto enorme dei suoi risvolti concreti, dalle professioni all’industria.
-La decisione di (ri)costruire scuole di specializzazione che riconoscano alte professionalità.
-La constatazione dell’emergere di una molteplicità di profili professionali che intersecano gli ambiti tradizionalmente propri della chimica.

Da questi numerosi spunti emerge la constatazione su come l’identità professionale e culturale del chimico mantenga la sua centralità unica ed insostituibile, pur attraversando tanti cambiamenti veloci e profondi del contesto storico, insieme alla consapevolezza che, come chimici, siamo portatori non solo di competenze tecnico-scientifiche più che mai oggi necessarie, ma anche di un approccio alle nostre attività professionali, qualunque esse siano, che ci viene dalla nostra forma mentis; siamo efficienti, oggettivi, rigorosi, precisi nel linguaggio e nella comunicazione, e questi sono preziosi valori etici, non solo professionali.

Eppure, nonostante l’evidente centralità della chimica nel fronteggiare le grandi sfide – cambiamento climatico, sostenibilità e circolarità, salvaguardia ambientale – il nostro contributo spesso non è valorizzato e la narrativa della nostra professionalità è talvolta negativa.
Un caso evidente di questa debolezza è l’assenza della chimica con una chiara identità culturale/industriale/professionale nel PNRR. Nella parte del programma dedicata alla formazione e ricerca, finalizzata anche a colmare il divario tra l’Università e l’impresa, con un investimento complessivo di oltre 30 miliardi di Euro, la chimica non appare esplicitamente, se non a servizio di altre linee di intervento, ignorando con ciò uno dei driver principali dello sviluppo economico del nostro paese, nonché un settore dove l’Italia eccelle in ricerca e formazione. La nostra comunità scientifica e professionale non è riconoscibile in nessuna delle tematiche di finanziamento dei Partenariati Estesi e dei Campioni Nazionali, mentre altre comunità sono immediatamente identificabili.

Credo che questo inadeguato riconoscimento del nostro ruolo, che va dal mancato credito sociale al limitato peso politico e decisionale, risieda anche nel fatto che spesso noi chimici non abbiamo messo nella comunicazione interna ed esterna e nell’impegno “politico” la stessa dedizione che profondiamo nelle nostre attività professionali. Ho sempre pensato che chi, come noi, detiene saperi, tecnologie, valori etico-professionali, abbia il dovere comunicarli e promuoverli, non solo per una rivendicazione identitaria, ma anche e soprattutto a beneficio della crescita consapevole del nostro paese. Creare momenti di dialogo tra i chimici che operano nelle professioni, nell’industria, nell’università e nella ricerca, nell’insegnamento, diventa momento di consapevolezza, anche di orgoglio, dell’importanza del proprio ruolo e della necessità di renderlo evidente anche fuori dai nostri ambiti, nella società e soprattutto nelle sedi politiche e decisionali. Ben si è visto nella giornata a cui ho partecipato al congresso di Paestum, quanto siano efficaci i momenti di sintesi e di discussione comune per sviluppare queste considerazioni e le azioni che ne conseguono.

Comunicare, tra noi e fuori, raccontarci e costruire una identità comune è un dovere di primaria importanza.

La Società Chimica Italiana ha oltre cento anni di storia, ed una tradizione di società prevalentemente accademica. Abbiamo avviato da tempo, e rinforzato più di recente, un percorso di trasformazione che vuol fare della nostra Associazione una casa comune della Chimica Italiana in tutte le sue componenti, non solo quella accademica. Per questa ragione, i Chair del nostro prossimo congresso, il primo generale dopo 7 anni, (XXVIII Congresso Nazionale della Società Chimica Italiana -SCI24, Chimica: Elementi di Futuro, Milano 26-30 agosto 2024) sono esponenti di tutte le voci del mondo della Chimica, dell’industria, della scuola, delle professioni e della ricerca. Tra loro, la Presidente Nausicaa Orlandi, che ringrazio per l’energia e la passione che dedica alla Chimica Italiana, e per aver creato, insieme al Comitato Centrale e al Consiglio Nazionale della FNCF ed agli organizzatori locali dell’Ordine della Campania, nei giorni a Paestum, uno straordinario momento di incontro, di confronto e di consapevolezza del grande valore della nostra scienza e delle nostre professioni.

 

Prof. Gianluca Maria Farinola
Presidente SCI

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