Il Green Deal Europeo, il pacchetto Fit for 55, Horizon Europe e il piano REPowerEU hanno posto la neutralità climatica entro il 2050 al centro del futuro socio-economico dell’Europa. Il fotovoltaico (FV) gioca un ruolo preminente nel raggiungimento degli obiettivi energetici dell’UE e di sostenibilità mondiale, con una crescita straordinaria della capacità globale installata che nel 2022 ha superato 1 TW. L’efficienza dei moduli è raddoppiata dal 2000 ed i prezzi sono diminuiti di circa il 95% dal 2011, rendendo il costo livellato dell’energia (LCoE) molto basso, da circa 10 €/MWh in Medio Oriente a circa 50 €/MWh in Germania, permettendo, di fatto, il conseguimento della grid parity in tutti i Paesi.

Il FV è, quindi, già una fonte di energia chiave per la decarbonizzazione ed un ulteriore sviluppo e diffusione delle tecnologie fotovoltaiche nei prossimi anni sarà fondamentale per ridurre le emissioni di carbonio del mondo entro il 2050. Si prevede che l’aumento esponenziale dell’installazione di impianti fotovoltaici porterà, d’altra parte, a milioni di tonnellate di rifiuti fotovoltaici entro il 2030-2050. Come riportato nell’articolo di P. Cerchier et al., è stato stimato che i rifiuti provenienti dai moduli fotovoltaici a livello mondiale potrebbero fornire tra 1,7 e 8 milioni di tonnellate di materie prime (vetro, Si, Ag, Cu, Al) entro il 2030, aumentando fino a circa 78 milioni di tonnellate entro il 2050. È importante, però, sottolineare come da un punto di vista normativo, il sistema di raccolta e riciclo è stato già regolamentato dalle normative WEEE sin dal 2012. I pannelli devono essere con segnati a ‘strutture di raccolta’ e opportunamente riciclati. Inoltre, nello stesso articolo si riporta che, con l’aumento della quantità di rifiuti dei pannelli, il riciclo di questi potrà offrire una fonte di materiali che altrimenti dovrebbero essere estratti, contribuendo così ad un approccio più sostenibile della filiera dell’energia solare. Il mercato del riciclo dei
pannelli è in crescita, con processi che arrivano anche al 96% di efficienza di riciclo, ma c’è ancora spazio per migliorare. Sicuramente, in futuro, l’uso su larga scala del FV richiederà che il settore diventi completamente circolare, progettando i pannelli in modo che siano facili da smontare, riparare, ristrutturare e riciclare. Questa sarà una sfida da affrontare tenendo conto anche che già, ad oggi, è stato stimato che il 25% dei pannelli FV a silicio potrebbe essere riparato e avere una seconda vita.

Per garantire la decarbonizzazione e accelerare verso un sistema energetico che rispetti la carbon neutrality, è fondamentale anche considerare i fattori ambientali, economici e sociali in ogni fase della filiera di produzione dei dispositivi fotovoltaici. Per far ciò, e come descritto nell’articolo di P. Fornarini et al., è possibile utilizzare metriche standardizzate di sostenibilità, come il Life Cycle Assessment. Ciò
permette di individuare criticità e intervenire per ottimizzare l’eco-profilo delle tecnologie, guidando il processo decisionale verso pratiche che rispettino i principi dell’eco-innovazione. Per le tecnologie emergenti, questo significa «disegnare» il prodotto in una prospettiva che consenta di creare fin dal principio una catena del valore che rispetti i criteri dell’economia circolare.

Il cavallo di battaglia dell’industria fotovoltaica è la tecnologia al silicio cristallino, che rappresenta circa il 96% del FV installato negli ultimi vent’anni. Il silicio, ad oggi, non ha rivali con un’efficienza dei moduli dal 22 al 24%, vita media di 25-30 anni, energy payback time di 1-1,5 anni e basso costo. Tra le altre tecnologie del settore FV, quelle a base di celle solari a film sottile in CuInGaSe2 e CdTe sono mature e disponibili sul mercato, con efficienze record in laboratorio del 23% e 22%, rispettivamente. Tuttavia, i moduli commerciali hanno un’efficienza di circa il 17-18% e rappresentano solo il 4% del mercato totale. I principali limiti sono il divario di efficienza tra laboratorio e produzione, la produzione limitata rispetto al silicio cristallino, un rischio di investimento più alto e la preoccupazione circa l’uso di elementi rari (Ga, In, Te), considerati materiali critici dall’Unione Europea. Per superare quest’ultima criticità, tra le celle solari a film sottili emergenti, troviamo le kesteriti (CZTS, CZTSe, CZTSSe), materiali molto promettenti e basati su elementi abbondanti in natura. Le proprietà di questi materiali e le loro prospettive future sono descritte nell’articolo di V. Trifiletti e G. Tseberlidis.

Tra le celle solari emergenti, quelle basate sulla perovskite (PSC) stanno attirando molta attenzione da parte della comunità scientifica per aver raggiunto rapidamente valori di efficienza record paragonabili a quelli del silicio, anche se su scala di laboratorio. Nel contributo di L.A. Castriotta e P. Mariani, gli autori descrivono le principali caratteristiche e le prestazioni delle PSC. Riportano, inoltre, come i bassi costi di produzione delle PSC insieme alle alte efficienze e al fatto che si pos sono fabbricare dispositivi a partire da una fase liquida a temperatura ambiente, rendano questa tecnologia molto attraente.

Nonostante i progressi tecnologici, le PSC devono ancora superare ostacoli come scalabilità, stabilità e presenza del piombo, che solleva preoccupazioni ambientali e di sicurezza. La ricerca sta lavorando sullo sviluppo di tecniche di incapsulamento per proteggere le celle dal degrado derivante da agenti esterni, migliorarne la stabilità ed evitare il rilascio di piombo nell’ambiente. Inoltre, per un pieno sviluppo di questa tecnologia sarà anche necessario avere processi di riciclo a fine vita efficienti e sicuri. Le celle in silicio hanno quasi raggiunto il loro massimo teorico di efficienza che è del 29%. Per ridurre i costi dell’elettricità fotovoltaica e favorire la sua installazione su larga scala, sono necessari nuovi concetti di celle solari scalabili a più alte prestazioni e con affidabilità equivalente ai prodotti in silicio. Una strada per aumentare l’efficienza è quella di accoppiare più materiali e giunzioni p-n in una cella solare tandem che utilizza la luce in modo
efficiente. Infatti, i fotoni ad alta energia possono essere assorbiti da una cella superiore, ad esempio PSC, mentre i fotoni a bassa energia, trasmessi da quest’ultima, possono essere assorbiti e convertiti da una cella inferiore, ad esempio in silicio. Con questo approccio si possono teoricamente raggiungere efficienze anche del 45%. Di fatto, nel 2023, è stato raggiunto il 34% di efficienza certificato da NREL (www.nrel.gov/pv/cell-efficiency.html), anche se su celle tandem di 1 cm2.

Per motivi editoriali non è stato possibile dare spazio a tutte le realtà italiane che operano nel FV, pertanto, per una panoramica più completa del contributo italiano alla ricerca, sviluppo e innovazione, si veda l’articolo di M. Mazzer e D. Moser sulle bestpractice della Rete Italiana del FV.

 

Prof.ssa Simona Binetti

Prof.ssa Adalgisa Sinicropi

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