E’ trascorso un anno da quando la nostra vita è stata letteralmente sconvolta dalla pandemia da COVID-19 e quindi dall’inizio della nostra convivenza con il virus SARS-CoV-2.
Questa emergenza inizialmente considerata solo sanitaria, ha fin da subito evidenziato forti criticità in tutti gli ambiti della nostra vita e ha rapidamente travolto l’esistenza di milioni di persone.
Sicuramente, l’impatto è stato enorme per chi è stato colpito dal virus e alle molte conseguenze fisiche, si sono aggiunte le conseguenze psicologiche sia per chi ha vissuto in prima persona la sofferenza di questa malattia, che per coloro che hanno dovuto sostenere una pressione fisica ed emotiva senza precedenti. In tanti hanno dovuto combattere la solitudine, la paura e l’incertezza e contemporaneamente affrontare la perdita del lavoro o la chiusura della propria attività.
Il corso del 5 marzo scorso ha analizzato gli effetti che il Coronavirus ha avuto sulla nostra società, in tutte le sue dimensioni e ambiti: lavorativo, sociale e sanitario.
E’ stato subito chiaro che, ad aver pagato il prezzo più alto, tra i lavoratori, sono stati i giovani, le donne, i precari e i piccoli imprenditori: si sono così aggravate le diseguaglianze nel mondo del lavoro e dello stato di benessere generale della popolazione. Il forte scetticismo che si è diffuso nei confronti del futuro e il senso di precarietà che ha pervaso tutti gli strati della nostra società non possono essere ignorati.
L’industria chimica, fortunatamente, si è rivelata più stabile ed ha tenuto meglio di altri settori industriali, come testimoniato sia dalla relazione del presidente di Confindustria di dicembre 2020, sia dalle testimonianze dei nostri Colleghi, i quali hanno continuato a lavorare, anche utilizzando lo Smart Working, oppure sono riusciti con l’inventiva a scovare nicchie in cui la professionalità del Chimico è stata l’arma vincente, come ha fatto il nostro Collega che è diventato covid manager del Collegio dei Padri Oblati – Rho (MI).
Le interviste hanno inoltre evidenziato come l’eccesso di informazioni, spesso poco accurate, di cui siamo investiti tutti i giorni, aumenti il dilagare del senso di sconforto e impotenza.
Non stupisce se anche in questa circostanza, la donna più resistente dal punto di vista della salute grazie alle peculiarità del suo sistema immunitario e al potere di “autoconservazione” che la natura le attribuisce, sia risultata ancora una volta l’anello debole del contesto sociale.
Come, ormai tutti i dati indicano chiaramente le donne hanno subito l’aumento del carico di lavoro di cura, di stereotipi di genere, la perdita di lavoro, a livello mondiale e le differenze di genere ci hanno riportato indietro di vent’anni.
Purtroppo, come riportato in tutti gli studi sin qui effettuati, la situazione lavorativa e sociale, oltre che sanitaria non potrà migliorare sino a che non ci sarà una diffusione capillare dei vaccini, e allora ci sarà nuovamente da rimboccarsi le maniche per recuperare il tempo perduto.
CPO-FNCF
Lucia Carrano, Carla Denotti, Anna Maria Papini, Angela Pellacani, Doriana Visentin
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