La Costituzione della Repubblica Italiana, all’Art. 3 indica già la più bella definizione di pari opportunità: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Nell’assegnare alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, è esplicitamente indicato che ogni cittadino deve fare quel salto di qualità culturale necessario che garantisca fin dalla più tenera età che ogni uomo e ogni donna siano partecipi alla costruzione del benessere del Paese.

Se si vuole ridurre il contesto al puro ambito lavorativo, sempre la nostra Costituzione recita all’Art. 37:
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”
E qui viene evocata la figura della madre, che all’interno del nucleo della Società, la famiglia, deve poter agire in un contesto consapevole del ruolo che ricopre. Ma va posta attenzione anche al fatto che non tutte le donne hanno sperimentato l’esperienza della maternità, perciò non tutte hanno gli stessi bisogni e non per tutte la realizzazione personale e prefessionale coincide negli obiettivi e nelle possibilità fisiche o economiche.

Un respiro molto più ampio infatti è dato dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite con l’obbiettivo 5, determinato a “Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze”. La parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale per tutti i popoli, ma la condizione necessaria per un mondo prospero, sostenibile e in pace.
Garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso giustamente remunerato, e al tempo stesso assicurarne la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, contribuirà a promuovere economie sostenibili, di cui l’umanità intera potrà beneficiarne.

Si assiste a una discriminazione di genere quando viene riservato un trattamento più sfavorevole a una persona in base alla sua appartenenza a un genere; ma esistono anche altre forme di discriminazione indiretta più sottili. La discriminazione si verifica indirettamente anche quando pratiche o norme, sotto l’apparente luce della neutralità, mettono in posizione di svantaggio una persona a causa del suo genere di appartenenza.

Inoltre la discriminazione si manifesta quando non solo soggetti uguali vengono trattati in modo diverso ma anche quando soggetti diversi, perché hanno bisogni, compiti e oneri diversi, vengono trattati in modo uguale.

Un ostacolo, ancora presente nella nostra cultura e da abbattere in base al citato Art. 3 della Costituzione, è la tendenza a delegittimare, in qualsiasi forma, ciò che è femminile e a porlo in posizione subordinata. Questa mentalità non si avvale solo di leggi e di regolamenti scritti ma, in modo più sottile, si annida nelle piccole azioni quotidiane, nelle parole e nei gesti di condiscendenza negli atteggiamenti paternalistici che si ritrovano, in modo trasversale, a ogni livello sociale.
Se esistono delle differenze fra gli esseri umani, queste vanno viste come delle opportunità di crescita sociale e culturale. L’evoluzione sociale conduce a vedere le differenze in chiave positiva e non solo come dislivelli da colmare: “Non pensiamo di annullare con un tratto di penna le differenze che esistono e che vanno considerate positivamente; mentre finora la nostra cultura imprenditoriale, sociale, sindacale, rivendicazionistica del movimento femminile è stata una logica di garanzia di parità, ora dobbiamo guardare alle pari opportunità come uno start up in una nuova prospettiva di valorizzazione delle differenze” (Porcelli M. et al., «Tavola Rotonda. La valorizzazione del potenziale femminile nelle organizzazioni», in Grecchi A. [ed.], Diversity Management. Valorizzare le differenze: nuovi modelli di pari opportunità, FrancoAngeli, Milano 2002).

Da qui nasce il concetto di Gestione della diversità (Diversity Management), purtroppo poco conosciuto e applicato in Italia. Si tratta di uno strumento di valorizzazione del potenziale femminile e delle differenze (culturali, di età, etniche, ecc.) in ambito aziendale, superando gli stereotipi del “maschile” e del “femminile”, che rischiano di innescare nuove forme di conflitto.

Nell’ambito di Professioni altamente specializzate, come i Chimici, i Fisici e altre Professionalità, pur mantenendo la propria identità, sono necessarie alleanze per trasformare le differenze in una risorsa finalizzata alla creazione di valore e vantaggio competitivo. Il Diversity Management, nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa, è un processo di cambiamento che punta a valorizzare il contributo peculiare di ciascun dipendente al raggiungimento degli obiettivi aziendali, con il risultato di rendere l’organizzazione più capace di far fronte alle sfide e alle incertezze provenienti dal mercato esterno. La chiave è offrire a ciascuno la possibilità di sviluppare e applicare sul luogo di lavoro le proprie capacità e competenze, specchio di genere, etnia, nazionalità, età, background socioculturale ed esperienza che lo contraddistinguono.

Per valorizzare la differenza, occorre prima fare un salto culturale non indifferente per riconoscerla, rispettarla e accoglierla, il che richiede uno sforzo particolarmente impegnativo per coloro che hanno mentalità riduttive e ristrette.
La cultura, in generale, non si improvvisa e non si può imporre. Una cultura di rispetto delle diversità va insegnata fin dal primo risveglio della coscienza nei bambini e coltivata in ogni aspetto della vita famigliare, sociale e lavorativa.

 

Dott.ssa Chim. Roberta Giacometti

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